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La sfida interna

Oltre il 55% del territorio italiano, ha una struttura urbana che attraversa valli ed alture. La quasi totalità di questa percentuale rientra in quella fetta di territorio definita come “area interna”.
Chi poneva il problema del futuro dello sviluppo in Italia, sostenendo che non si sarebbe limitato solo ad una questione nord-sud, ma anche di monte e piano, aveva intuito le problematiche che col tempo si sarebbero amplificate. Oggi in particolare, ci tocca fare i conti con le questioni legate oltre che alle differenze di latitudine e longitudine anche di quota, amplificate da fattori politici - economici che complicano la risoluzione del problema.
L’attuale modello di sviluppo economico, le politiche di sviluppo di marca europea, i tagli del gettito monetario nelle casse dei comuni, l’assenza di proposte da parte di amministratori e professionisti e così via, frenano lo slancio delle piccole comunità, che purtroppo o per fortuna sono state lambite dal modello di sviluppo globalizzato.
Come osserva l’economista Marco Vitale, il problema da risolvere va necessariamente inquadrato nell’attuale fase economica, individuare la direzione da percorrere per il raggiungimento della finalità ed iniziare il cammino.
Si eviti di ricadere nei soliti e stupidi errori che hanno contraddistinto lo sviluppo delle aree interne, non si può più pensare di camminare verso una meta escludendo il coinvolgimento delle comunità locali, dei residenti, così come non si può più pensare che gli stessi residenti delegando un loro rappresentante si sentano legittimati ad oziare.
Il coinvolgimento diretto della popolazione residente, con la conseguente attribuzione di responsabilità, deve essere indiscutibilmente attuata nelle strategie di innovazione e sviluppo territoriale, in quanto saranno solo i residenti che dovranno gestire il futuro economico - sociale delle aree che fino ad oggi in molti casi sono stati i custodi. Nelle aree interne, ossia quei territori capaci ancora di offrire il vivere sano e autentico, dove il paesaggio inteso come sommatoria di elementi costituenti un territorio è ancora capace di far emozionare l’anima di chi lo vive, a differenza di chi lo guarda solo, perdendosi gli aspetti più salienti e seducenti, si ha la consapevolezza e la percezione di vivere in luoghi ambiti dai cittadini metropolitani per il prossimo futuro, molto prossimo.

La crescita delle aree interne, passa necessariamente dal lavoro e dall’innovazione dei residenti prima, dagli amministratori locali poi; è giunta l’ora di prendere coscienza del fatto che per attrarre flussi pseudo - turistici non c’è bisogno di mega opere dagli elevati costi di realizzazione e gestione, queste potrebbero comunque rappresentare un richiamo a condizione che sul territorio esiste il sub strato di buona accoglienza e di elevata capacità di gestione di strutture ricettive sia pubbliche che private.
E’ qui che sta la sfida, nella capacità di innovarsi, sia socialmente sia economicamente senza snaturare ciò che già di per sé è attrattivo come l’ambiente, il paesaggio, le tradizioni, la cultura contadina che ci appartiene e che non va trascurata o dimenticata in quanto di per sé ci caratterizza rappresentando un valore sociale.
Considerando gli indirizzi politici a livello nazionale sullo sviluppo delle aree interne, si inizi a pretendere una buona ed efficace pianificazione delle pre condizioni previste nella strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, usciamo dalla logica della convenienza degli investimenti in base ai numeri, e consideriamo innanzitutto che in un territorio vivono cittadini, e che la logica di investimenti va fatta anche in base a ciò che quel determinato posto potenzialmente può offrire in una logica di eco turismo, che allontanandosi dal turismo di massa, si rivolge soprattutto a coloro che vogliono rivivere emozioni attraverso percorsi di autenticità paesaggistiche.
E’ anche da queste considerazioni, oltre che di democrazia partecipata, che si giustifica il coinvolgimento dei residenti, creando i fattori di nascita e potenziamento di un’economia leggera e creativa, di imprenditorialità diffusa, occupando i settori di nicchia del mercato in quanto capace di offrire un prodotto che racconta il territorio di provenienza.
Giovanni Zama, docente di geografia umana, ci spiega ciò che già sta avvenendo riguardo il rientro di cervelli. Sono soprattutto “ragazzi” tra i 35 e i 40 anni che stanno scegliendo di tornare ad investire nei luoghi di appartenenza, sono coloro che hanno già fatto esperienza lavorativa in qualche multinazionale, ossia quei luoghi che richiedono grande preparazione iniziale per l’accesso, poi messi nella propria postazione l’unico organo da congelare durante lo svolgimento delle proprie mansioni è il cervello.
Le aree interne, la montagna, le vallate collinari, indicano la possibilità di percorrere un’economia diversa, fanno notare quanto sia concreto il nesso tra economia e vita. La sfida che ci attende è ardua, considerando anche il flusso di extra comunitari negli ultimi anni e che ancora oggi non accenna a fermarsi.
Ci sono comuni con il 30% di stranieri, le identità locali vengono minacciate, spesso cambiano, le tradizioni si mescolano, sono processi che vanno saputi gestire senza annientare la storia di un popolo, di una comunità, tocca quindi ancora ai residenti capire in che modo integrarli e come far sì che possano rappresentare una risorsa per un territorio. Forse è il caso che i cittadini residenti facciano capire ai “ragionieri” i principi dell’integrazione sostenibile.
E’ il momento di uscire da vecchi concetti sociali e comportamentali, c’è bisogno di lasciare alle proprie spalle l’effetto sudditanza, i residenti devono saper smuovere e stimolare le azioni dei propri rappresentanti politici e istituzionali, tocca alle comunità locali presentare i territori dove vivono come laboratori di innovazione sociale e culturale.


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